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- Notizie
- Erbe cinesi e
nefrotossicità
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- (Laing C, Hamour S, Sheaff M, Miller R, Woolfson R.
Chinese herbal uropathy and nephropathy. Lancet 2006; 368: 338)
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- Il caso
Nel luglio 2003 un uomo cinese di 30 anni si recò in ospedale, dove gli venne riscontrata
ematuria macroscopica, già rilevata dal medico curante, ed una alta concentrazione serica
di creatinina (200 µmol/L). Il paziente, che riferì di non accusare altri sintomi e di
non avere una storia personale o familiare di malattie renali, risultò normoteso e
negativi risultano lesito della visita medica, lo screening di sindromi nefritiche,
lurinocultura e lesame ecografico del tratto renale.
Durante gli ultimi 5 anni, luomo aveva assunto lerba cinese Longdan
Xieganwan per migliorare la sua funzionalità epatica. Pochi giorni dopo
questi primi accertamenti, il paziente ritornò in ospedale accusando leliminazione
attraverso luretra di grandi frammenti di materiale solido. Lesame istologico
rilevò la presenza di carcinoma a cellule transizionali.
Una cistoscopia durgenza mise in evidenza un circoscritto tumore alla vescica, che
venne rimosso. Il tumore non aveva estensioni extra vescicali, il paziente venne sottoposo
a chemioterapia intravescicale, ma, in seguito, malgrado la sospensione
dellassunzione dellerba cinese, il tumore si ripresentò.
Nellaprile 2004 venne effettuata una biopsia renale che rilevò una fibrosi
interstiziale compatibile con nefropatia da erba cinese, che progredì in insufficienza
renale grave costringendo il paziente, nel luglio 2006, alla dialisi.
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- Commento
Lerba cinese Longdan Xieganwan contiene Caulis aristolochia
manshuriensis, il cui principio attivo è lacido aristolochico (AA).
Malgrado sia da tempo nota la nefrotossicità dellAA, 9 casi di grave insufficienza
renale, occorsi a donne inavvertitamente esposte ad esso durante programmi dimagranti (1),
hanno ulteriormente sensibilizzato lopinione pubblica al problema della sua
pericolosità. Lesposizione ad AA, notoriamente altamente cancerogeno, determina
anche unalta incidenza di atrofia uroepiteliale e di carcinoma a cellule
transizionali.
La fibrosi interstiziale non infiammatoria (2)
è una lesione renale che determina anormale funzionalità renale, ipertensione,
leucocitosi urinaria e modesta proteinuria e può progredire in grave insufficienza
renale, anche dopo la sospensione delluso dellerba. Malgrado questa lesione
determini unematuria macroscopica, può a volte essere asintomatica.
In una serie di 39 casi considerati, 18 pazienti hanno riportato un carcinoma e 19 una
lesione displastica (3).
La responsabilità dellerba cinese nello sviluppo del carcinoma è confermata dalla
presenza di addotti di AA DNA in campioni di tessuto.
Il carcinoma uroteliale è altamente associato ad una dose cumulativa di AA > 200 g (4).
Anche le micotossine sono implicate nella patogenesi della nefropatia
balcanica e della nefropatia da analgesici e, curiosamente, entrambe le condizioni
sono associate a carcinoma uroteliale.
Lerba Longdan Xieganwan è commercializzata da una nota ditta produttrice
di medicine tradizionali cinesi che dal 2002 ha sostituito lerba incriminata dopo
che, nel marzo 2000, la FDA ha dichiarato lAA nefrotossico.
Recentemente più di 100 pazienti cinesi hanno intentato cause legali alla ditta
produttrice di questo prodotto, per i danni renali riportati.
Lacquisto dellacido aristolochico, benché proibito in molti paesi, continua
ad essere disponibile via internet (5).
Il caso riportato enfatizza la pericolosità di terapie a base di prodotti erboristici
condotte senza un adeguato controllo.
- Bibliografia
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- Erbe medicinali e ricoveri ospedalieri di emergenza
- (riferito da Constable S et al. Herbal medicines and acute
medical emergency admissions to hospital. Br J Clin Pharmacol 2007;63:247-8.)
- Il caso
Una donna di 77 anni fu ricoverata in ospedale a causa di un dolore epigastrico ed
ematemesi. La paziente era apparsa stabile dal punto di vista emodinamico e non presentava
un calo significativo dei livelli di emoglobina. I parametri della coagulazione erano
normali. La donna aveva manifestato gli stessi sintomi 4 mesi prima ed una gastroscopia
aveva evidenziato unernia iatale intratoracica mobile di notevoli dimensioni
associata a grave esofagite. Fu iniziata una terapia con lansoprazolo 30 mg/die e fu
pianificato un intervento chirurgico. Ulteriori domande effettuate durante il secondo
ricovero rivelarono che la paziente aveva assunto, oltre ai farmaci da prescrizione (tra i
quali non erano inclusi i FANS), aglio, iperico, partenio, echinacea e ginseng. I rimedi
erboristici furono sospesi e la paziente fu sottoposta ad un intervento laparoscopico dopo
il quale si riprese completamente.
- Commento
Di recente, luso dei rimedi erboristici nel mondo occidentale è aumentato in modo
drammatico. Eventi come il ritiro della kava kava ed i warning riguardanti le interazioni
con liperico hanno chiaramente evidenziato che i rimedi erboristici, analogamente ai
farmaci convenzionali, possono causare danni (1).
Ciononostante, tali rimedi vengono spesso considerati dal pubblico sicuri e
naturali ed il loro uso non viene riferito ai medici al momento in cui viene
effettuata lanamnesi farmacologica.
I rimedi erboristici possono causare problemi sia attraverso la loro innata tossicità,
sia interagendo con altri farmaci o prodotti erboristici (2).
Per esempio, la kava kava (Piper methysticum), utilizzata per il trattamento
dellansia, è stata ritirata dal mercato nel 2003 dopo che sono stati segnalati 78
casi di epatotossicità correlata al suo utilizzo (3).
Liperico, un estratto proveniente dallHypericum perforatum utilizzato
per il trattamento della depressione lieve o moderata, può agire da induttore di varie
isoforme del citocromo P450 e della glicoproteina P (4,5).
Linduzione di tali enzimi determina un incremento della clearance di alcuni farmaci
i cui livelli plasmatici (e di conseguenza la loro efficacia) possono essere ridotti.
Il caso presente sottolinea le potenziali interazioni farmacologiche che possono
coinvolgere i rimedi erboristici. La paziente presentava una storia di malattia
gastroesofagea trattata in modo appropriato con lansoprazolo. Al momento in cui fu
ricoverata per ematemesi, la donna stava assumendo 5 prodotti erboristici.
Laglio, il partenio ed il ginseng sono tutti in grado di inibire laggregazione
piastrinica e possono aumentare il rischio di sanguinamento. Leffetto antiaggregante
piastrinico dellaglio (Alium sativum) è stato considerato la causa di
sanguinamenti postoperatori spontanei (6).
Anche il partenio (Tanacetum parthenium) ed il ginseng presentano un
significativo effetto antiaggregante piastrinico che viene mediato dallinibizione
della produzione e/o del rilascio di prostaglandine e trombossani (7).
Sebbene tali rimedi, presi singolarmente, presentino dei lievi effetti
sullaggregazione piastrinica, assunti in combinazione essi possono aver esercitato
nella paziente in questione un significativo effetto antiaggregante piastrinico che ha
determinato il sanguinamento a livello dellesofago. Un contributo importante può
essere stato dato dallinterazione tra il lansoprazolo e liperico. Il
lansoprazolo viene metabolizzato dallisoforma CYP2C9 del citocromo P450, di cui
liperico è induttore. Dunque, linduzione del metabolismo del lansoprazolo
può averne ridotto i livelli plasmatici e lefficacia clinica nel trattamento del
reflusso gastroesofageo.
- Bibliografia
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- Convulsioni associate ad overdose di iperico
- (riferito da Karalapillai DC, Bellomo R. Convulsions
associated with an overdose of St Johns wort. MJA 2007; 186: 213-4)
- Il caso
Una ragazza di 16 anni arrivò al pronto soccorso con convulsioni e confusione. Venne
intubata e ricoverata in unità di terapia intensiva. Lanamnesi rivelò soltanto la
comparsa di convulsioni febbrili alletà di 4 anni. Non aveva avuto traumi
cerebrali.
La TAC e lesame del liquido cerebrospinale non evidenziarono nulla di particolare.
Gli elettroliti erano nella norma e lesame tossicologico risultò negativo.
Lelettroencefalogramma (EEG) confermò la presenza di attività epilettica
generalizzata.
Ad unindagine più dettagliata, la paziente dichiarò di avere assunto notevoli
quantità di iperico (fino a 15 compresse da 300 µg/die nelle 2 settimane prima del
ricovero ed una compressa da 50 mg subito prima del ricovero) per un recente
episodio depressivo. La depressione non era stata diagnosticata formalmente e
le compresse erano state acquistate come prodotto da banco da una farmacia
locale. Fu fatta diagnosi di epilessia da overdose di iperico.
Dopo 6 giorni di ricovero fu ripetuto un EEG, risultato nella norma, e nei successivi 6
mesi non ci furono altri episodi epilettici.
La valutazione psichiatrica effettuata durante la degenza rivelò un probabile tentativo
di suicidio in seguito a recenti stress.
- Commento
Lerba di San Giovanni (Hypericum perforatum, iperico) è un prodotto
naturale usato comunemente per il trattamento della depressione. Esistono infatti alcune
evidenze di efficacia. Negli Stati Uniti e in Australia è disponibile senza prescrizione,
tuttavia in Germania, in cui è prescritto più spesso rispetto alla fluoxetina per il
trattamento della depressione, è disponibile solo come farmaco da prescrizione.
Lincidenza di reazioni avverse da iperico è pari a 0-5,7%. Sebbene di solito si
tratti di reazioni minori e transitorie, sono state riportate reazioni avverse più gravi
(es. sindrome serotoninergica).
In una recente review, liperico è stato implicato come probabile causa, anche se
non dimostrata, di attacchi epilettici. Si ritiene che le reazioni avverse siano più
frequenti quando liperico viene associato a inibitori selettivi del reuptake della
serotonina, anche se in alcuni casi è stato riportato come unico farmaco assunto (5).
- Bibliografia
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- Trattamento delle interazioni
pompelmo-farmaci
(Alessandro Oteri, Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia,
Università degli Studi di Messina)
- Il pompelmo è il frutto che si ottiene dal Citrus paradisi.
Ricco di vitamina C, potassio e fibre dietetiche, anche grazie al suo basso apporto
calorico, il frutto di pompelmo viene raccomandato dallAmerican Heart
Asociations Healty Heart Campaign (1).
La scoperta di numerose interazioni farmacologiche, particolarmente significative dal
punto di vista clinico, ha indotto esitazione in numerosi operatori sanitari per quanto
concerne lutilizzo del succo di pompelmo quale integratore alimentare.
Un recente studio condotto da Stump e coll (2),
partendo dal meccanismo con cui si manifestano le interazioni farmaci-succo di pompelmo,
analizza le potenziali interazioni farmacologiche del pompelmo, gli effetti di tali
interazioni e le eventuali terapie alternative.
- Meccanismo dellinterazione
Le caratteristiche dei farmaci che interagiscono col succo di pompelmo sono ben definite.
La principale tra questa caratteristiche è il metabolismo da parte del sistema del
citocromo P450 3A4 intestinale (CYP3A4).
I livelli intestinali di CYP3A4 possono essere ridotti del 47% entro un paio dore
dallassunzione di pompelmo (3).
Uno studio ha evidenziato che linterazione del succo di pompelmo con il CYP3A4 può
persistere per più di 72 ore; sarebbe quindi opportuno evitare di ingerire prodotti a
base di pompelmo almeno 72 ore prima dellassunzione di un farmaco col quale tali
prodotti possono interagire.
Un altro studio ha riportato che il consumo di un quantitativo di succo di pompelmo pari a
circa 250 g può inibire il CYP3A4 intestinale per un periodo di tempo compreso tra 24 e
72 ore. Lassunzione del farmaco in tempi diversi da quelli in cui viene consumato il
pompelmo non sembra una soluzione plausibile (4,5).
Cè inoltre da considerare che per via del polimorfismo genetico, ci può essere una
notevole variabilità per quanto concerne i livelli intestinali di CYP3A4 tra i vari
individui; di conseguenza risulta difficile riuscire a predire, da un paziente ad un
altro, uninterazione farmacologica che coinvolga il succo di pompelmo (6,7).
Quale sia il composto (o i composti) del pompelmo, capace di inibire il CYP3A4 intestinale
non è stato ancora chiarito. È stato anche osservato che il pompelmo è in grado di
ridurre lassorbimento intestinale dei farmaci (6).
Visto che linibizione del citocromo P450 avviene a livello intestinale, le
interazioni farmaci-succo di pompelmo si manifestano unicamente con formulazioni orali.
Studi effettuati su farmaci metabolizzati dal CYP3A4 epatico, somministrati per via
endovenosa, hanno dimostrato che il succo di pompelmo non ne modifica i livelli plasmatici
(3).
I farmaci dotati di una bassa biodisponibilità in seguito a somministrazione orale o i
farmaci con un basso indice terapeutico sono invece quelli che danno le interazioni
farmacologiche più significative con i prodotti a base di pompelmo (8).
Inoltre, poiché i farmaci che vengono estesamente metabolizzati dal CYP3A4 intestinale
hanno generalmente una bassa biodisponibilità in seguito a somministrazione orale e,
poiché il pompelmo inibisce questa via metabolica, ne risulta un incremento dei loro
livelli plasmatici. Inoltre, se un farmaco presenta un basso indice terapeutico, un lieve
incremento dei suoi livelli plasmatici può comportare un drastico aumento dei suoi
effetti terapeutici o collaterali (8).
- Trattamento
Quando si trova ad affrontare uninterazione farmacologica che coinvolga un prodotto
a base di pompelmo, un medico dovrebbe innanzitutto valutare se tale interazione è
clinicamente rilevante.
Un certo numero di farmaci (per es. antagonisti del recettore per langiotensina,
buspirone, estrogeni, fexofenadina, itraconazolo, sildenafil, triazolam, warfarin) possono
interagire concretamente o teoricamente col pompelmo. Tuttavia, molte di queste
interazioni non sono significative da un punto di vista clinico o non sono
sufficientemente supportate dalla letteratura in quanto i dati a loro riguardo sono
contraddittori (9-17).
In tabella
(8,18-29)
sono riportate le classi di farmaci per le quali le interazioni col succo di pompelmo sono
state adeguatamente studiate e che risultano clinicamente significative; vengono inoltre
indicate le possibili terapie alternative per questi farmaci.
Alcune interazioni farmacologiche del succo di pompelmo possono essere particolarmente
gravi tanto che i produttori della ciclosporina e della simvastatina hanno ritenuto di
dover aggiungere sul foglietto illustrativo degli speciali warnings sulluso di
prodotti a base di pompelmo nei pazienti in trattamento con questi farmaci (24,30,31).
- Tabella. Interazioni pompelmo-farmaci e terapie alternative
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- Farmaci divisi per classi
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- Farmaci che possono potenzialmente interagire col pompelmo
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- Effetti dellinterazione
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- Trattamenti alternativi
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- Antiaritmici
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- Amiodarone, disopiramide, chinidina
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- Lincremento dei livelli plasmatici di amiodarone può
causare tossicità a livello della tiroide o dei polmoni, danni epatici, prolungamento
dellintervallo QT, disordini proaritmici e bradicardia (18).
Lincremento dei livelli plasmatici di chinidina e disopiramide può essere
cardiotossico e indurre torsioni di punta (8,19).
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- Digossina, diltiazem, verapamil, beta bloccanti
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- Calcio antagonisti
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- Felodipina, nicardipina, nifedipina, nimodipina, nisoldipina
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- Lincremento dei livelli plasmatici di questi farmaci
può indurre, flushing, edema periferico, cefalea, tachicardia, ipotensione sintomatica e,
in rari casi, infarto del miocardio (8).
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- Amlodipina, diltiazem, verapamil
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- Statine
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- Atorvastatina, lovastatina, simvastatina
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- Lincremento dei livelli plasmatici può causare cefalea,
disturbi gastrointestinali, infiammazione epatica e miopatie (per es. rabdomiolisi) (20-23).
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- Fluvastatina, pravastatina, rosuvastatina
Fibrati, acido nicotinico, sequestranti degli acidi biliari
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- Immunosoppressori
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- Ciclosporina, tacrolimus
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- Incremento degli effetti avversi indotti da tali farmaci.
Nefrotossicità, epatotossicità ed incremento delleffetto immunosoppressivo (24-28).
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- Non sono disponibili alternative
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- Inibitori della proteasi
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- Saquinavir
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- Lincremento dei livelli plasmatici può causare una
maggiore incidenza di effetti collaterali quali cefalea, affaticamento, insonnia ed ansia (29).
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- Amprenavir, atazanavir, fosamprenavir, indinavir,
lopinavir/ritonavir, nelfinavir, ritonavir
|
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- Un caso di epatite acuta da
Aloe Vera
(Gioacchino Calapai - Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia
Sezione di Farmacologia, Università di Messina)
- Recentemente un gruppo di ricercatori guidato dal medico
tedesco Christian Rabe, del Dipartimento di Medicina dellUniversità di Colonia, ha
pubblicato su World Journal of Gastroenterology (gennaio 2005, volume 11: pp 303-304) un
caso clinico che riguarda una donna di 57 anni ricoverata in ambiente ospedaliero con una
sintomatologia caratterizzata da ittero, prurito, disturbi gastrointestinali e dolore alla
palpazione del quadrante addominale superiore destro in corrispondenza del fegato. La
raccolta dei dati anamnestici non ha rivelato alcuna patologia epatica precedente. Circa 4
settimane prima del ricovero la paziente aveva cominciato ad assumere tavolette di un
integratore contenente 500 mg di Aloe vera (o Aloe Barbadensis) insieme a zinco e vitamina
C allo scopo di combattere linvecchiamento. Lecografia epatica mostrava una
ridotta ecogenicità. Gli esami di laboratorio rivelavano alterazioni di parametri che
indicano danno epatico: aumento della bilirubina, delle transaminasi, della fosfatasi
alcalina, della gamma-glutamiltransferasi (GGTP). Gli esami sierologici dei markers per
lepatite di tipo A, C ed E erano negativi. Erano presenti immunoglobuline
anti-epatite B. Alla biopsia epatica si evidenziavano infiltrati portali costituiti da
linfociti, cellule plasmatiche, granulociti eosinofili, segni di necrosi e stasi biliare.
Dopo la sospensione dellAloe la paziente è tornata asintomatica nel corso di una
settimana. I livelli di bilirubina si sono normalizzati nel corso di alcuni mesi mentre i
livelli di transaminasi si sono ridotti dopo due settimane per tornare vicino a quelli
normali circa un anno dopo lepisodio acuto.
LAloe vera contiene diversi alcaloidi i quali possono inibire o attivare gli enzimi
del citocromo P450 e del metabolismo dellalcool, tuttavia gli autori della
pubblicazione ritengono che il caso in questione possa essere stato causato piuttosto da
una reazione di tipo idiosincrasico con meccanismo di tipo immunologico (reazione di
ipersensibilità). Questa ipotesi, è supportata dal riscontro ecografico di infiltrati di
eosinofili negli spazi periportali e da note evidenze di reazioni di ipersensibilità
allAloe nelluomo e dalle note interazioni della pianta con il sistema
immunitario. LAloe vera è una pianta medicinale tra le più diffuse e si ritiene
possieda una grande varietà di effetti: antinfiammatori, analgesici, antitumorali e anche
antiinvecchiamento. Le proprietà dellAloe vera sono stati spiegate con differenti
meccanismi dazione. Ha unazione anti-ossidante, inibisce lenzima
ciclo-ossigenasi (fondamentale nella cascata dellinfiammazione), possiede attività
modulanti il sistema immunitario. Non esiste una prova definitiva della efficacia clinica
degli effetti descritti. Prodotti a base di Aloe sono tuttavia comunemente utilizzati come
lassativi.
Questa è la prima descrizione di un caso di epatite da Aloe vera. A far propendere
definitivamente gli autori della pubblicazione per la responsabilità della pianta nel
produrre il quadro clinico sono stati la mancanza di diagnosi alternative ed il rapido
miglioramento dopo la sospensione dellassunzione di Aloe.
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